22/04/2025

Il nuovo Codice della Strada sarà dichiarato incostituzionale


Il nuovo Codice della Strada verso la bocciatura della Consulta: l’articolo sulle droghe rischia l’incostituzionalità

Il nuovo Codice della strada, voluto dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, sta per affrontare il giudizio della Corte costituzionale. Al centro della questione c’è una norma controversa: punire chi risulta positivo a sostanze stupefacenti, anche in assenza di uno stato di alterazione psicofisica al momento della guida. Un principio che, secondo diversi esperti giuridici, rappresenta un evidente rischio di incostituzionalità. Ora sarà la Consulta a doversi esprimere, ma l’esito sembra già piuttosto prevedibile: la Corte, in casi simili, si è già pronunciata contro norme che puniscono il semplice consumo, senza legame diretto con la pericolosità concreta dell’azione.

Il caso simbolo: positiva alle urine, negativa al sangue

Tutto è partito da un caso avvenuto a Pordenone. Una donna, fermata dopo un piccolo incidente stradale, è risultata positiva agli oppiacei nelle analisi delle urine, ma negativa a quelle del sangue. Il dettaglio è tutt’altro che irrilevante: mentre il sangue rivela l’eventuale alterazione attuale (fino a circa 72 ore), le urine possono risultare positive anche giorni o settimane dopo l’assunzione. In questo caso, infatti, si presume che la signora avesse assunto un farmaco contenente codeina — regolarmente prescritto — diversi giorni prima dell’incidente.

Con il vecchio Codice della strada, la vicenda si sarebbe probabilmente chiusa senza sanzioni: non c’era alterazione al momento della guida. Ma con la nuova normativa, che ha rimosso ogni riferimento allo “stato di alterazione psicofisica”, la positività a un test — anche uno solo, anche non probante sul piano temporale — è sufficiente per incorrere in pesanti sanzioni: fino a 6.000 euro di multa, un anno di arresto e la sospensione della patente fino a due anni.

Verso la Corte Costituzionale: il nodo della legittimità

A sollevare la questione di legittimità costituzionale è stata la giudice per le indagini preliminari Milena Granata. Secondo la gip, la norma si presta a gravi abusi e colpisce indiscriminatamente anche chi, pur avendo fatto uso lecito o terapeutico di una sostanza, non rappresenta alcun pericolo per la sicurezza stradale.

E la Consulta, che ora dovrà pronunciarsi, ha già dato segnali chiari in passato: la semplice presenza di sostanze nel corpo non basta a giustificare una sanzione penale o amministrativa, se non è accompagnata da un comportamento pericoloso o da uno stato di alterazione verificabile. La punibilità dell’atto, insomma, deve basarsi su una condotta che crei realmente un rischio per gli altri, non su una condizione biologica fine a sé stessa.

Cannabis terapeutica, casi già in discussione

Questa non è l’unica impugnazione della nuova legge. Recentemente, anche l’associazione Meglio legale ha sostenuto un’altra causa simile, in difesa di un’insegnante a cui era stata sequestrata la patente per l’uso di cannabis terapeutica. Anche in quel caso, l’assunzione era avvenuta in contesto medico e con regolare prescrizione. Eppure, secondo la nuova norma, sarebbe comunque punibile.

Per questi motivi, il rischio per il governo è elevato: se la Consulta dovesse bocciare la norma, il passaggio incriminato della legge andrebbe riscritto — o ritirato.

Conclusione: una norma ideologica, non tecnica

In definitiva, il nuovo Codice della strada sembra più una norma “ideologica” che tecnica: punta a punire chiunque faccia uso di sostanze stupefacenti o farmaci oppiacei, a prescindere dal reale impatto sulla guida. Ma la giustizia costituzionale — come già in passato — pare destinata a rimettere le cose in ordine. Punire chi è pericoloso, sì. Ma non chi, pur avendo assunto sostanze in passato, non costituisce alcun pericolo alla guida. In attesa della sentenza della Consulta, il giudizio dell’opinione pubblica e di molti giuristi è già piuttosto netto.