Negli ultimi tempi, il mercato del CBD e della cannabis legale in Italia è stato travolto da una serie di decisioni legali e proposte legislative che hanno generato confusione e preoccupazione tra consumatori e operatori del settore. In questo articolo, faremo chiarezza sulla situazione, fornendo una panoramica completa delle recenti novità riguardanti la regolamentazione del CBD e della cannabis light.
Una delle notizie più rilevanti degli ultimi giorni riguarda la decisione del TAR del Lazio, che ha annullato, per la terza volta, il decreto del Ministero della Salute che avrebbe inserito il CBD nella lista delle sostanze stupefacenti. Questo decreto avrebbe avuto conseguenze devastanti per il mercato del CBD, in quanto ne avrebbe limitato la vendita solo alle farmacie e solo su prescrizione medica, trasformandolo di fatto in un farmaco.
Ma perché il TAR ha bloccato questo decreto? La risposta sta nelle basi scientifiche (o meglio, nella loro mancanza) utilizzate per giustificare l’inserimento del CBD tra le sostanze stupefacenti. Gli studi scientifici confermano che il CBD non è una sostanza psicoattiva, non provoca dipendenza, e anzi può essere utilizzato per trattare disturbi legati alle dipendenze. Proprio per questi motivi, il TAR ha rigettato il decreto, sottolineando che non ci sono prove sufficienti a supporto di una regolamentazione così restrittiva.
Questa decisione rappresenta una vittoria importante per tutto il settore del CBD in Italia, che può continuare a commercializzare prodotti a base di cannabidiolo senza restrizioni eccessive.
Se da un lato la decisione del TAR rappresenta una buona notizia, dall’altro la recente approvazione di un emendamento al DDL Sicurezza alla Camera ha creato non poche preoccupazioni per l’intero settore della cannabis light. L’articolo 18 dell’emendamento equipara, di fatto, le infiorescenze di cannabis legale (quelle con un contenuto di THC inferiore allo 0,6%) a quelle illegali, rendendone la produzione e la vendita potenzialmente punibili come per la cannabis ad alto contenuto di THC.
Questo emendamento, se confermato dal Senato, potrebbe distruggere l’intera filiera della cannabis light in Italia, mettendo a rischio non solo i rivenditori e i produttori di infiorescenze, ma anche l’intero comparto della canapa industriale. La canapa, infatti, è utilizzata in vari settori, tra cui quello tessile, edile e alimentare. Il provvedimento renderebbe illegale anche la coltivazione di canapa per scopi industriali, danneggiando profondamente uno dei settori in più rapida crescita in Italia.
L’articolo 18 deve ancora essere approvato dal Senato, e l’iter legislativo è lungo e non privo di ostacoli. Inoltre, le associazioni di settore stanno già preparando ricorsi contro questo provvedimento, che violerebbe diverse normative europee, in particolare quelle relative alla libera circolazione delle merci. Infatti, la norma creerebbe una situazione paradossale: i prodotti a base di cannabis light potrebbero essere legalmente acquistati da altri paesi europei, ma non potrebbero essere venduti o prodotti in Italia.
Se approvato, l’articolo 18 non solo metterebbe a rischio l’intero settore della cannabis legale, ma violerebbe anche i diritti dei consumatori e degli imprenditori italiani, creando una disparità di trattamento rispetto agli altri Paesi europei.
La situazione attuale appare come una vera e propria battaglia ideologica, in cui il governo sembra voler reprimere il settore della cannabis legale senza una reale giustificazione scientifica o economica. Tuttavia, le recenti decisioni del TAR dimostrano che la legge deve basarsi su dati concreti e non su pregiudizi.
Noi di JoinToYou siamo al fianco dei nostri clienti e continueremo a tenervi aggiornati su tutte le novità riguardanti la regolamentazione del CBD e della cannabis legale in Italia. È importante restare informati e fare sentire la propria voce per difendere un settore che ha il diritto di crescere e prosperare.